Il narcisismo femminile all’epoca degli stereotipi di genere: e se fosse Eco a nascondersi nei boschi?

di Consuelo Enzo

“L’autentico viaggio di scoperta non consiste nell’esplorare nuovi territori, bensì nel vedere con occhi nuovi.”

T. Havener

Il termine “narcisismo” deriva dall’antico mito di Narciso. Nella mitologia greca Narciso era noto per la sua eccezionale bellezza ed era desiderato da molte donne. Eco invece era una ninfa, capace solo di parlare ripetendo le parole degli altri, anch’essa innamorata di Narciso. Nel momento in cui egli scoprì il suo amore, la respinse duramente, ed Eco reagì correndo via e nascondendosi per la vergogna. Si narra che quando Narciso vide il suo riflesso in uno stagno d’acqua, si innamorò dell’immagine di se stesso. E fu talmente rapito da essa, che ripetutamente cercò di abbracciare il suo riflesso, pensando fosse reale. Incapace di abbandonare la bellezza della propria immagine riflessa, Narciso si “consumò”, di fatto trascurando i propri bisogni primari come mangiare o bere (Pullen & Rhodes, 2008).

L’ossessione da parte di Narciso per la propria immagine, che va a discapito dei bisogni primari, ha portato gli psicologi ad utilizzare proprio il suo nome per descrivere la condizione per cui gli individui sviluppano una simile ossessione, malsana e distruttiva, verso la propria “immagine” – riflessa metaforicamente negli occhi di se stessi e degli altri – ovvero il Disturbo Narcisistico di Personalità (NPD; American Psychiatric Association, 2013).

Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) elenca nove caratteristiche essenziali del narcisismo patologico, come indicative di un senso grandioso di importanza personale e di stato di diritto: bisogno di adulazione e aspettativa di ricevere un trattamento speciale; capacità compromessa di entrare in empatia con i bisogni e i sentimenti degli altri; sfruttamento interpersonale e comportamenti altezzosi; preoccupazione eccessiva rivolta a fantasie di successo, potere e dominio; convinzione che gli altri siano invidiosi di loro, come loro stessi lo sono delle altre persone (APA, 2013).

In una review recente (Green et al.,2022), si sintetizzano i dati della letteratura su narcisismo e genere, evidenziando marcate differenze fra maschi e femmine nella concettualizzazione e nella valutazione del disturbo narcisistico di personalità, nei fattori eziologici e nella manifestazione dell’aggressività.

Per cominciare, il DSM-5 riporta che fino al 75% dei pazienti diagnosticati con Disturbo Narcisistico di Personalità (NPD) sono uomini. Infatti, la letteratura mostra significative differenze di genere nella presenza di tratti narcisistici, osservabili più frequentemente nei maschi (Blinkhorn et al., 2019; Corry et al., 2008; Foster et al., 2003; Grijalvaet al., 2015; Perry & Perry, 2004; Zerach, 2016). Tali cifre suggeriscono che la rappresentazione del narcisismo, come codificata nel DSM-5, può essere solo marginalmente applicabile alle donne, data il suo focus sugli aspetti grandiosi che assomigliano molto alle norme sociali comunemente maschili. L’eccessiva enfasi posta alle caratteristiche grandiose si estende alla letteratura empirica, che definisce il narcisismo come un tratto di personalità normativo, ampiamente valutato utilizzando il Narcissistic Personality Inventory (NPI), in cui i maschi ottengono punteggi significativamente più alti rispetto alle femmine.

Alcune ricerche mostrano un restringimento del gap di genere esistente nella diagnosi di NPD, se si analizzano i cambiamenti generazionali. Ad esempio, una meta analisi di Twenge et al. (2008) ha esaminato i dati sulle differenze di genere nel narcisismo tra il 1992 e il 2006, ed ha confermato che i maschi tendono a mostrare punteggi più alti di narcisismo rispetto alle femmine, ma che la differenza media tra di essi è diminuita nel corso del tempo. Questi risultati sono stati interpretati come indicativi di un aumento di agentività e assertività nelle femmine, probabilmente a seguito di una maggiore emancipazione, istruzione, acquisizione di diritti e cambiamenti di status.

Il narcisismo si manifesta in modo diverso negli uomini e nelle donne, e queste differenze possono aderire alle aspettative di ruolo di genere associate alla femminilità e alla mascolinità (Carroll, 1989; Corry et al., 2008; Green et al., 2019; Jonason & Davis,2018; Lamkin et al., 2017; Sherry et al., 2014; Webster et al., 2007). Nelle società tradizionali si ritiene che le differenze di sesso biologico creino aspettative sociali diverse, attraverso specifiche pratiche di socializzazione di genere, che a loro volta danno origine a ruoli sociali “appropriati al genere”. Di conseguenza, la maggior parte di questi stereotipi rientrano in due categorie, che riflettono le caratteristiche dell’agentività (definite come dominio, assertività, competitività e bisogno di successo) e le caratteristiche funzionali alla comunità (definite come tenerezza, altruismo e nutrimento). Le prime sono strettamente correlate con la personalità narcisistica e lo stereotipo maschile, mentre le ultime sono più caratteristiche delle donne e dello stereotipo femminile (Grijalva et al., 2015).

D’altronde, il narcisismo grandioso è stato messo in relazione con lo stereotipo maschile, fin dall’inizio del concetto di personalità narcisistica, come rappresentato nell’antico mito di Narciso. Infatti, Narciso ed Eco sembrano rappresentare rispettivamente le caratteristiche di narcisismo grandioso e vulnerabile (Onofrei, 2009): la ninfa, caratterizzata da vissuti di vergogna, ipersensibilità al giudizio e bassa autostima; Narciso grandioso, con un’autostima ipertrofica, altezzoso e privo di empatia.

Eziologia e differenze di genere

Vi sono varie teorie eziopatogenetiche inerenti il narcisismo, e dunque se ne citano solo alcune per brevità: il ruolo fondamentale della mancanza di empatia (Kohut, 1977), combinata con l’iperprotettività dei genitori (Kernberg, 1975) e con l’eccessiva indulgenza (Millon, 1981). In sostanza, questi eminenti teorici hanno suggerito che la visione grandiosa del sé negli individui narcisisti adulti possa servire a mascherare i propri sentimenti di inferiorità e insicurezza sottostanti, sorti come risultato di queste esperienze nel corso della prima infanzia.

Tuttavia, nelle modalità con cui le femmine e i maschi sviluppano strategie per compensare questa mancanza di empatia possiamo trovare diverse manifestazioni. Come descritto da Philipson (1985), le madri possono rispondere alle figlie femmine come ad un’estensione del proprio sé, mentre ai figli maschi come ad un’altra figura significativa (ad esempio, il marito). Di conseguenza, femmine e maschi adottano strategie psicologiche diverse di compensazione, nonostante abbiano la stessa mancanza di un sé interiorizzato. È più probabile che i maschi stabiliscano la loro “alterità” attraverso espressioni di grandiosità, eccessivo bisogno di ammirazione ed estremo egocentrismo, mentre le femmine, possono investire eccessivamente nell’identificarsi con altri significativi nel tentativo di ricreare la relazione che cercano con la madre (Philipson, 1985).

Ciò si può riflettere anche nel modo in cui molti genitori tendono ad educare in maniera diversa alla socializzazione i maschi e le femmine, promuovendo nei ragazzi caratteristiche e comportamenti di maggiore agentività (ad esempio, negando l’affetto e mirando a rendere i ragazzi più indipendenti) e promuovendo nelle ragazze un atteggiamento più premuroso e comunitario. Se così fosse, allora le differenze di genere esistenti, suggerirebbero che i genitori usano stili genitoriali associati al narcisismo grandioso più frequentemente con i ragazzi che con le ragazze (Grijalva et al., 2015).

Differenze di genere nell’aggressività

I narcisisti sono particolarmente proni ad esperire uno stato di ingiustizia subita di fronte a una minaccia reale o immaginaria, che evoca emozioni intollerabili come rabbia, umiliazione e vergogna (Logan, 2009). Per regolare tali stati affettivi, cercano di ristabilire il rango, con una rabbia esplosiva manifesta o in modo passivo-aggressivo (Green e Charles, 2019).

Una considerevole quota di ricerca empirica ha dimostrato l’esistenza di differenze di genere nel narcisismo per quanto riguarda l’autostima e l’aggressività: i maschi riportano costantemente punteggi più alti su questi domini rispetto alle donne (Girgis, 2006;Sprecher et al., 2013; Velotti et al., 2014; Wallace et al., 2012). Webster (2005) ha notato che gli effetti dell’autostima, dei punteggi di aggressività fisica e verbale, erano significativamente più forti quando si controllava il genere. E in tutti i domini, gli effetti sono stati significativamente più forti per gli uomini rispetto alle donne. Webster (2005) ha interpretato queste differenze basate sul genere come un riflesso di diversi tipi di autostima, attinenti a domini specifici: i maschi sembrano riferirsi maggiormente a un dominio di autostima “competitivo” (superiorità), mentre l’autostima delle donne può essere maggiormente basata sulla “cooperazione” (inclusione sociale). Tali considerazioni si possono comprendere meglio alla luce dei rispettivi domini associati rispettivamente positivamente e negativamente all’aggressività comportamentale.

Coerentemente con questi risultati, altre ricerche hanno riscontrato che i maschi narcisisti avevano livelli più elevati di aggressività sia proattiva che reattiva rispetto alle femmine (Wallace et al., 2012). Queste disparità di genere sono state interpretate come un riflesso delle differenze riguardo al modo in cui rispondono a situazioni stressanti, con i maschi che hanno maggiori probabilità di adottare un’aggressività manifesta, mentre le femmine possono adottare un’aggressività di tipo “relazionale”, come l’esclusione dei pari o i pettegolezzi (Wallace et al, 2012).

Nel loro insieme, le osservazioni iniziali nella letteratura sull’aggressività suggeriscono che la violenza femminile risulta più indiretta e sottile, maggiormente legata a una bassa autostima in risposta al comportamento aggressivo, mentre la violenza maschile è più palese e grandiosa, come risultato alle minacce percepite ad un’autostima ipertrofica.

Differenze di genere e tratti

Attraverso il modello alternativo (dimensionale) del DSM-5 emergono altre differenze tra maschi e femmine (Suzuki et al., 2019). Si osserva che queste ultime hanno punteggi più alti sull’affettività negativa, mentre i maschi avevano punteggi più alti su distacco, antagonismo, disinibizione e psicoticismo. Viene fortemente sottolineato, pertanto, che le differenze nella patologia narcisistica possono essere radicate nelle dimensioni di tratto plasmate dal genere. Per questo motivo, esso può giocare un fattore chiave, che sembra possa determinare – almeno in parte – specifiche costellazioni psicopatologiche.

Evoluzionismo e differenze di genere

Parlare di ereditarietà nel narcisismo è molto complesso di per sé (Vernon et al., 2008). Ad ogni modo, le sue manifestazioni potrebbero essere almeno parzialmente plasmate da processi evolutivi, come l’accoppiamento a breve termine (STM), le tendenze sessuali coercitive e l’attrattività (Holtzman & Donnellan, 2015; Holtzmann & Strube, 2012).

I maschi ottengono maggiori benefici riproduttivi dalla STM, per cui le tendenze coercitive si applicano comunemente più agli uomini che alle donne. Si può ipotizzare che i maschi, quando minacciati, possano ricorrere a strategie evoluzionisticamente più consolidate come il ricorso al potere, al dominio, all’immagine di sé grandiosa. Le femmine, di contro possono ricorrere ad altre strategie evolutive consolidate, come ottenere l’attenzione attraverso la promozione di un’immagine di sé che segnali la disponibilità sessuale, la bellezza e l’attrattiva (Holtzman and Strube, 2012).

Differenze culturali e narcisismo

Sarebbe utile cercare di comprendere che tipo di influenza hanno le differenze culturali nella manifestazione del narcisismo nei maschi e nelle femmine. Come ad esempio, il narcisismo varia in base al genere nelle società collettiviste? Tali culture tendono a livello macro a porre un focus maggiore sugli altri che sul sé, a differenza di quelle occidentali, che sono maggiormente individualiste, in cui sembrano esserci maggiori casi di narcisismo anche per la spinta a focalizzarsi su una continua promozione e predominanza del sé (Foster et al., 2003).

Conclusioni

Nonostante la ricerca sul narcisismo sia molto estesa, non sembrano essere ancora sufficienti gli studi inerenti le disparità di genere nelle manifestazioni “fenotipiche” del narcisismo, nel funzionamento e nel comportamento legati ad esso (Green et al.,2022).

Inoltre, in letteratura si osserva una sovra-rappresentazione della descrizione di casi di maschi con NPD – a dispetto di una scarsità di casi dell’altro sesso – che ricordano lo stereotipo del maschio nella cultura occidentale.

Per concludere si sottolinea che, come riportato nella review sopra citata (Green et al., 2022), oggi sappiamo che nonostante il core del narcisismo sia lo stesso nei due generi, la modalità con cui esso si manifesta può variare. Si auspicano dunque ulteriori studi che approfondiscano tale tematica, al fine di impostare in primis un assessment e poi un trattamento che colgano al meglio le varie dimensioni, per migliorare sempre di più la comprensione dei pazienti.

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