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Il perfezionismo viene definito come un complesso stile di personalità, in cui la persona è animata da un marcato bisogno di essere o apparire perfetta; il valore personale è identificato con il raggiungimento di ciò che viene definita “perfezione”, mascherando i propri difetti.
Le dimensioni che caratterizzano il perfezionismo sono riscontrabili in persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione, e spesso, lo stesso problema alimentare diventa l’espressione del perfezionismo, circoscritto al dominio del controllo dell’alimentazione, del peso e della forma corporea.
Molte ricerche confermano che i tratti perfezionistici rappresentano dei fattori di vulnerabilità – e di mantenimento – per i disturbi alimentari (Shafran, Cooper & Faiburn, 2002).
Esiste inoltre una relazione tra l’autopresentazione perfezionistica e i disturbi alimentari, spesso associata alle preoccupazioni relative all’aspetto fisico (Hewitt, Flett & Edinger 1995), in cui emerge il forte bisogno di presentare la propria immagine di perfezione agli altri, evitando o nascondendo tutte le presunte imperfezioni. Soprattutto nelle donne molto insoddisfatte del proprio aspetto fisico, questo aspetto rappresenta un predittore significativo dei sintomi alimentari (McGee et al. 2005). Anche negli adolescenti l’autopresentazione perfezionistica risulta rilevante per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione (Castro et al. 2004).
Attraverso la cornice del modello comprensivo del comportamento perfezionistico, elaborato da Hewitt e colleghi (2017), in cui vengono descritte le dimensioni del perfezionismo, emerge che il perfezionismo autodiretto e quello socialmente prescritto rappresentano le dimensioni più evidenti sia nelle persone che soffrono di anoressia nervosa che di bulimia (Cockell, 2002).
In coloro che soffrono di un disturbo dell’alimentazione, il valore di sé è dipendente dallo sforzo e dal raggiungimento di standard rigidi legati alla dimensione dell’alimentazione, del peso e della forma corporea. Da ciò deriva un’eccessiva importanza attribuita al peso, alle forme del corpo e al controllo dell’alimentazione con conseguenti comportamenti non funzionali di restrizione alimentare e check del peso o dell’aspetto fisico.
In genere le persone che soffrono di disturbi dell’alimentazione e hanno tratti perfezionistici, seguono regole molto ferree, come raggiungere un peso specifico o una determinata forma corporee, e si sottopongono a sessioni di allenamento molto intense, tollerando e resistendo alla fame, ed evitando di mangiare determinati cibi.
Uno dei sintomi più evidenti è quello che viene definito come “restrizione dietetica cognitiva”: regole alimentari molto ferree, impegnative e specifiche su quando, quanto, e cosa si deve mangiare, per aumentare il senso di controllo sull’alimentazione.
La continua ricerca di controllo ha lo scopo di rassicurare mentre si monitorano l’impegno e il raggiungimento di propri standard.
I check vengono effettuati sul piano dell’alimentazione attraverso regole o comportamenti quali il conteggio delle calorie, l’evitamento dei cibi definiti “cattivi”, il calcolo del peso e dei metodi di cottura dei cibi in modo meticoloso o addirittura ossessivo.
Per quanto riguarda la forma fisica, i check implicano misurare ripetutamente alcune parti del corpo, specchiarsi o pesarsi ripetutamente.
In molti casi vi è un evidente e continuo confronto con gli altri, sia in relazione alle abitudini alimentari che riguardo all’aspetto estetico.
Inutile dire che spesso i parametri di confronto non sono oggettivi; le persone con tratti perfezionisti e problematiche alimentari valutano meticolosamente e in modo critico la propria prestazione o forma fisica, soffermandosi sugli insuccessi o sui difetti, mentre tendono ad essere superficiali e acritici verso gli altri.
Il controllo del corpo, del peso e del cibo diminuisce molto l’efficienza della persona, riducendone la produttività, esponendola a conseguenze negative sia a livello emotivo (depressione o ansia), fisico (es. denutrizione, affaticamento), e sociale (isolamento), ma tuttavia queste condizioni non vengono prese in debita considerazione dalle persone caratterizzate da alti tratti di perfezionismo.
Anzi, spesso le conseguenze negative tollerate dalla persona (es. resistere allo stimolo della fame, sopportare il digiuno, mantenere un peso basso) mentre si continua a raggiungere successi scolastici, sportivi o lavorativi, fungono da fattore motivante che conferma l’importanza degli sforzi fatti e rinforza l’impegno preso.
Oltre ai meccanismi di controllo, si possono osservare anche dei comportamenti di evitamento (es. non pesarsi, non esporsi a determinate situazioni a causa delle imperfezioni del proprio corpo come colloqui di lavoro, esami) e un’accentuata autocritica.
Dalla letteratura scientifica è emerso che spesso i tratti perfezionistici sono molto evidenti anche prima dell’esordio del disturbo dell’alimentazione, e influiscono notevolmente sul percorso terapeutico.
Il perfezionismo si può osservare già dalle prime sedute con il paziente che soffre di disturbi dell’alimentazione; spesso capita di accorgersene per una tendenza a fare continue domande sul trattamento o a focalizzarsi su dettagli insignificanti che rallentano la terapia, oppure a compilare le schede di monitoraggio in modo iperdettagliato.
All’inizio del trattamento, i tratti perfezionistici ostacolano anche la possibilità di seguire un piano alimentare regolare, che ovviamente non risulta coerente con gli standard del paziente. Tali tratti rappresentano quindi un elemento fondamentale da inserire e affrontare nel percorso di trattamento.
Per indagarli meglio, può essere utile porre alcune domande come:
– Direbbe di avere standard elevati in confronto a quelli altrui (oltre al peso, o al corpo, nello sport, nella scuola, a lavoro)?
– Quanto è importante per lei fare le cose bene?
– Pensa spesso al raggiungimento dei suoi risultati?
– Controlla spesso la sua prestazione per assicurarsi di raggiungere i suoi standard?
– Quando ha raggiunto i suoi obiettivi è soddisfatto o se ne pone subito di nuovi?
Ovviamente, è opportuno individuare anche le origini dei tratti perfezionisti ed inserirli all’interno del piano di trattamento, utilizzando le strategie più indicate.
Ad oggi tra i percorsi terapeutici più efficaci vi sono la terapia cognitivo comportamentale o CBT-E (Faiburn, Cooper, Shafran, 2003) per i disturbi dell’alimentazione e l’approccio relazionale per il perfezionismo, di Hewitt e colleghi (Hewitt et al., 2017).
Oltre a ciò, di recente, stanno emergendo delle evidenze a favore dei trattamenti di gruppo che applicano i principi della mindfulness e della Compassion Focused Therapy (Cheli, Cavalletti, Flett & Hewitt, 2020); focalizzandosi sull’autocritica, che sembrerebbe essere un mediatore della psicopatologia (Pinto-Gouveia, Castilho, Matos & Xavier, 2013) favoriscono l’emergere di un sé auto-compassionevole e accettante (Gilbert & Choden, 2014). I percorsi di gruppo per i disturbi dell’alimentazione sono spesso proposti al termine di un percorso di psicoterapia individuale, in quanto inizialmente si tende a lavorare sulla problematica alimentare che comporta compromissioni anche a livello fisico.
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Gloria Pansolli – Psicologa Psicoterapeuta
Bibliografia
Castro J., Gila A., Gual P., Lahortiga F., Saura B., & Toro J. (2004). Perfectionism dimensions in children and adolescents with anorexia nervosa. Journal of Adolescent Health, Vol. 35, p392-398.
Cockell S. J., Hewitt P. L., Seal B., Sherry S., Goldner E. M., Flett G. L., & Remick R.A. (2002). Trait and self-presentatioal dimensions of perfectionism among women with anorexia nervosa. Cognitivie Therapy and Research, 26 (6), 745-758.
Cheli S.; Cavalletti V.; Flett G. L.; Hewitt P.L. (2020). Mindful compassion for perfectionism in personality disorders: a pilot acceptability and feasibility study. Applied Psychology Bulletin Vol. 68 Issue 287, p55-65. 11p.
Faiburn C. G., Cooper Z. & Shafran, (2003). Cognitive Behaviour Therapy for eating disorder: A transdiagnostic theory and treatment. Behaviour Research and Therapy, 41, 509-528.
Gilbert P. & Choden K. (2014). Mindful compassion: How the science of compassion can help you understand your emotions, live in the present, and connect deeply with others. New Harbinger Publications.
Hewitt, P. L., Flett G. L. & Edinger E. (1995). Perfectionism traits and perfectionistic self-presentation in eating disorder attitudes, characteristics, and symptoms. International Journal of Eating Disorder, 18, 317-326.
Hewitt P.L., Flett G.L. & Mikail S.F. (2017). Perfectionism: A relational approach to conceptualization, assessment, and treatment. New York:The Guilford Press.
McGee B. J., Hewitt P.L., Scherry S. B., Parkin M., Flett G.L. (2005). Perfectionistic self- presentation, body image, and eating disorder symptoms. Body Image, 2(1), 29-40.
Pinto-Gouveia, J., Castilho, P., Matos, M. & Xavier, A. (2013). Centrality of shame memories and psychopathology: The mediator effect of self-criticism. Clinical Psychology: Science and Practice, 20 (3), 323-334. doi.org/10.1111/cpsp.12044.
Shafran R., Cooper Z., & Faiburn C. G. (2002). Clinical perfectionism: a cognitive–behavioural analysis. Behaviour research and Therapy, vol.40, 773-791.
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