Perfectly Hidden Depression: le dieci caratteristiche

di Margaret Rutherford

Che cos’è la Perfectly Hidden Depression (o depressione mascherata dal perfezionismo)? Come si fa a sapere se se ne soffre?

Forse avete una vita perfetta all’apparenza, ma dentro di voi lottate con la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato o, cosa ancor più pericolosa, avete dei pensieri sul suicidio o sulla fuga dalla vostra vita troppo impegnativa.

Tuttavia, siete anche diventati esperti nel tenere nascosti agli altri i vostri veri sentimenti. Vi piace che le vostre emozioni siano sotto controllo. Potreste essere consapevoli di nascondere intenzionalmente il dolore (come nella cosiddetta depressione “sorridente” o “ad alto funzionamento”), ma è anche possibile che non ne abbiate la minima idea. La dinamica potrebbe essersi radicata a tal punto nel vostro essere che potreste risultare in gran parte inconsapevoli della sua presenza, fatta eccezione per un profondo morso allo stomaco che vi sussurra che c’è qualcosa di terribilmente sbagliato.

Forse avete anche cercato in rete, cercando di capire cosa potesse essere questo malessere. Avete esaminato i criteri per la depressione e, quando non vi ci siete ritrovati, potreste facilmente aver provato vergogna per quanto siete evidentemente ingrati verso il vostro successo.

Ciò che può essere affascinante nell’esplorazione PHD (Perfectly Hidden Depression) è questa domanda: Se non si sa come comunicare il proprio dolore, come si fa a capirlo da soli? E come potrebbero saperlo gli altri?

Parliamo quindi di un insieme di caratteristiche comunemente presenti nella depressione mascherata dal perfezionismo. Ricordiamo che la PHD non è una diagnosi. Ma forse in questo insieme di comportamenti e convinzioni – o sindrome che dir si voglia – vi potreste ritrovare. E potreste sentirvi sollevati per il fatto che finalmente c’è un nome per quello che state vivendo.

Dieci caratteristiche comuni della PERFECTLY HIDDEN DEPRESSION

Di seguito sono elencate le dieci caratteristiche principali della PHD. Non sono tutte presenti in ogni persona che potrebbe riconoscersi nella PHD. Ma sono abbastanza ricorrenti.

1. Siete altamente perfezionisti, con una costante voce critica interiore di intensa vergogna.

Avere una vena perfezionistica è una cosa. Cercate di fare del vostro meglio: “Se vale la pena farlo, vale la pena farlo bene”. Tuttavia, se vi rimproverate silenziosamente per non essere sempre al top, c’è un problema. Potreste concedervi un ambito in cui non siete abili; ad esempio, potreste ammettere ridendo che non imparereste a pattinare neanche se la vostra vita dipendesse da questo. Oppure non sapete raccontare una barzelletta. Ma se si tratta di un’attività o di un impegno significativo per voi, è necessario che appaia perfetto, soprattutto se deve essere valutato o visto da altri. Siete il genitore perfetto, l’avvocato più bravo, il capoclasse o l’amico migliore. Misurate e valutate costantemente il vostro livello e se non soddisfa le aspettative immaginate, aumentate la pressione. La vergogna interiore vi assale ad ogni ora del giorno.

2. Dimostrate un senso di responsabilità accentuato o eccessivo.

Siete molto consapevoli del dovere, degli obblighi e della lealtà e si può contare su di voi in caso di difficoltà. Siete i primi a notare quando qualcosa non va e a cercare soluzioni. Siete un buon leader, anche se non il migliore dei deleganti. Questo senso di responsabilità può risultare doloroso, in quanto si può incolpare facilmente se stessi, invece di prendersi un momento per capire il quadro complessivo.

3. Avete difficoltà ad accettare ed esprimere le emozioni dolorose.

So quando sono seduta di fronte a una persona che potrebbe soffrire di PHD, che posso vederla sorridere con gioia e contemporaneamente descrivermi una perdita o una delusione significativa. Non sempre. Ma è una questione che comincio a pormi come terapeuta.
La rabbia viene evitata o negata. La tristezza viene accantonata nel fondo dell’armadio. La delusione è per i piagnucoloni. Forse non avete nemmeno le parole per esprimere queste emozioni. Continuate a pensare per la maggior parte del tempo, invece di connettervi con il cuore, analizzando, decodificando, riflettendo sulle cose.

4. Vi preoccupate molto ed evitate le situazioni in cui il controllo non è possibile.

Non siete persone che riescono a stare facilmente nel presente. Se praticate lo yoga, potreste odiare la posizione finale, per la quale il suggerimento è di respirare e rilassarsi. Può darsi che amiate cucinare, ma che abbiate difficoltà a sedervi con gli ospiti e a godervi il pasto.
Il bisogno di controllo è forte e quindi si passa molto tempo a preoccuparsi di ciò che potrebbe interrompere tale controllo. Ironicamente, è importante nascondere questa preoccupazione. In questo modo potrebbe non essere evidente agli altri la sua esistenza. Le persone scuoteranno la testa e si chiederanno ad alta voce: “Sembra che tu non abbia mai una preoccupazione al mondo. Non ti scuotono le piccole cose”.

5. Vi concentrate intensamente sui compiti, usando i risultati raggiunti come mezzo per sentirvi importanti.

“Il tuo valore è pari al tuo ultimo successo”. Contate sulle attività e sui risultati per distrarvi da eventuali insicurezze o paure interiori che potrebbero cercare di emergere.

Tutti noi lo facciamo in una certa misura. Se si ha una brutta giornata, ci si sente bene se si riesce a concludere qualcosa. Oppure si ottiene una promozione al lavoro. O qualcuno vi manda un’e-mail per dirvi che la vostra gentilezza è stata tanto significativa per lui. Lo scopo e lo sforzo hanno un valore.

Ma voi esagerate. Potreste non sapere cosa vi procura un senso di stima, se non quei risultati e quei compiti. Ed è questo il problema. Il sentirsi importanti e il contribuire al mondo non deriva da ciò che si è intrinsecamente, ma solo dai successi più recenti.

6. Vi preoccupate attivamente e sinceramente del benessere degli altri, ma non fate entrare nessuno nel vostro mondo interiore.

Non è una preoccupazione falsa, né finta o ipocrita. È reale: vi prendete cura degli altri e lo fate molto bene. Tuttavia, non lasciate che gli altri percepiscano la vostra vulnerabilità. Non rivelate il dolore del vostro passato. Il vostro coniuge potrebbe saperlo, ma non se ne parla. Si alza un muro contro chi scopre che vi sentite soli o affaticati, vuoti o sopraffatti.

Questo può essere particolarmente spaventoso quando è presente un’idea di suicidio. E non si può far entrare nessuno. E, cosa devastante, anche se lo fate, potreste non essere creduti. “Cosa, tu? Sei depresso? Ha tutto quello si può desiderare al mondo”. E questo potrebbe portare a conseguenze devastanti.

7. Non si tiene conto del dolore o dell’abuso del passato o del presente.

La compartimentazione è un’abilità. È la capacità di essere feriti, tristi, delusi, spaventati o arrabbiati per qualcosa e di mettere da parte questi sentimenti fino a un momento in cui sarà possibile affrontarli meglio. Le persone sane lo fanno continuamente. Si può fare anche con la gioia o la felicità. A volte non è il momento di mettersi a cantare.

Tuttavia, se ci si identifica con la PHD, si è eccessivamente compartimentalizzati. Avete sviluppato delle scatole molto resistenti in cui rinchiudete i sentimenti dolorosi, consciamente o inconsciamente, spingendoli in un recesso oscuro della vostra mente. Questo vi permette di ignorare, negare o respingere l’impatto delle esperienze di vita che hanno causato dolore nel passato o nel presente.

Una donna che si identifica con la PHD ha scritto di recente che le è stato diagnosticato il PTSD e che lo ha completamente ignorato. “Quello che mi è successo non è stato niente di che”, ha scritto. “Ad altre persone sono successe cose molto peggiori”. Questo può essere vero o meno, ma il dolore è sempre dolore.

8. Avete problemi di salute mentale che vi accompagnano, che implicano il controllo o la fuga dall’ansia.

Vivete la vostra vita in modo molto controllato e ben regolato. Quindi le diagnosi psichiatriche che potrebbero coesistere con la PHD potrebbero essere disturbi che hanno a che fare con il controllo, come i disturbi alimentari e/o i tratti ossessivo-compulsivi. Anche l’alcol o i farmaci sedativi potrebbero essere utilizzati per sfuggire all’ansia.

9. Credete fermamente che “essere grati per ciò che si ha” sia il fondamento del benessere.

Credo nell’essere grati per ciò che si ha. Ci potete giurare: è sano e può mantenervi ottimisti e gratificati. Tuttavia, se avete letto fin qui e vi identificate con la PHD, potreste sentirvi in colpa o addirittura vergognarvi se siete tutt’altro che positivi. Esprimere compassione verso se stessi? È fuori discussione: avete troppe gioie nella vostra vita. E qualsiasi suggerimento di compassione verso di sé viene definito come piagnisteo o lamentela. E questo non è permesso.

10. Avete difficoltà emotive nelle relazioni personali, ma dimostrate un notevole successo professionale.

La vulnerabilità che si trova nella vera intimità, è difficile per voi. Sebbene siate spinti ad essere produttivi e a raggiungere i vostri obiettivi, è probabile che non siate una persona in grado di relazionarsi facilmente a livello intimo. E potreste aver scelto un partner che, di fatto, non permette la vulnerabilità o non ne ha la capacità. La vostra relazione si baserà principalmente su ciò che fate l’uno per l’altro, piuttosto che su ciò che siete l’uno per l’altro, ponendo l’accento sui figli, sulla carriera e sull’essere la coppia perfetta.

Se avete una di queste dieci caratteristiche, non è necessario che vi nascondiate. Non c’è da vergognarsi ad essere umani. Potete rendervi conto che ci sono molti altri, come voi, che si nascondono e mantengono dei segreti.

Se siete terapeuti, sappiate che la depressione non ha sempre lo stesso aspetto e non sempre si presenta con umore depresso e anedonia. Possono guardarvi con uno sguardo radioso e dire: “Sai, non so perché sono qui”. Dobbiamo accorgerci che il loro sorriso è un po’ forzato. Le loro emozioni sono strettamente nascoste.

E la luce nei loro occhi maschera accuratamente il dolore che hanno paura di mostrare.

L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Margaret Rutherford – Psicologa clinica, PhD