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COSA SI INTENDE PER MORAL DISTRESS E MORAL INJURY
Moral distress e moral injury sono concetti particolarmente discussi in questo periodo storico in relazione ai contesti di emergenza, nelle pratiche di assistenza primaria, nei servizi specializzati, tra gli operatori sanitari, che durante la pandemia di COVID-19 si sono trovati al centro di cambiamenti emergenziali di procedure operative, scelte cliniche e di allocazione delle risorse (Williams, Brundage, Williams, 2020)
Questi due concetti sono oggi protagonisti di un dibattito e spesso vengono utilizzati in modo intercambiabile. La British Medical Association (BMA) si riferisce al concetto di moral distress per descrivere uno stato mentale di sofferenza derivante da un senso di trasgressione morale, un’inquietudine psichica derivante dalla consapevolezza di un’azione eticamente corretta da intraprendere ma che, per vincoli di ordine superiore, non può essere intrapresa. Si definisce invece con moral injury il danno psicologico a lungo termine o l’alterazione del funzionamento del soggetto a causa del prolungato moral distress.
Litz nel 2009 definì il “commettere, non riuscire a prevenire, testimoniare o conoscere atti che trasgrediscono credenze e aspettative morali profondamente radicate” con il concetto di moral injury.
Gli eventi di trasgressione morale, che siano agiti o osservati dal soggetto che li vive, sono considerati potenzialmente dannosi per la morale (PMIEs – potentially morally injurious events) (Wiinikka-Lydon, 2019), in quanto le risposte individuali conseguenti ad essi possono essere differenti.
Differenti studi riportano l’osservazione delle seguenti conseguenze:
vissuti caratterizzati da senso di colpa, vergogna, conflitto spirituale/esistenziale o “disorientamento morale” (BMA, 2021) e perdita di fiducia come sintomi principali;
depressione, ansia, rabbia, immagini intrusive, autolesionismo e problemi sociali come sintomi secondari (Jinkerson, 2016; Litz et al., 2009).
Sono inoltre riportati: disgusto, credenze di indegnità e di poco valore, abbassamento dell’autostima, forte autocritica, debolezza, auto-accusa, perdita di fiducia nelle persone e nelle figure autoritarie, evitamento dell’intimità (Phoenix Australia – Centre for Posttraumatic Mental Health and the Canadian Centre of Excellence, 2020).
Il fenomeno del moral injury sembra essere correlato alla comparsa di sintomatologia di compassion fatigue, burnout, depressione, disturbo da stress post-traumatico e persino a comportamenti suicidari.
Di per sé questi due fenomeni, moral distress e moral injury, non sono considerati forme di malattia mentale.
EVOLUZIONE DEI CONCETTI DI MORAL DISTRESS E MORAL INJURY
Il concetto di moral distress fece comparsa grazie al filosofo Andrew Jameton, nel suo libro sull’etica infermieristica del 1984, al fine di articolare ciò che osservava nei suoi studenti che praticavano la propria professione vincolati significativamente dalle politiche e dalle pratiche istituzionali. Jameton definì “l’esperienza di conoscere la cosa giusta da fare mentre ci si trova in una situazione in cui è quasi impossibile farla” (Jameton, 1984) con il concetto di moral distress.
Da allora, sono stati sviluppati vari resoconti sul moral distress insieme a una serie di strumenti empirici volti ad identificare le sue fonti e a misurare e valutare il suo impatto sugli infermieri e su altri professionisti della salute, che erano portati a fare cose che ritenevano moralmente sbagliate (BMA, 2021). Si iniziò a parlare di moral injury grazie a Shay che introdusse questo concetto nel 1995 in ambito militare per descrivere l’impatto degli eventi di trasgressione morale – agita o osservata – sulla salute psicofisica dei militari.
Oggi vi è molto interesse intorno a questi concetti, applicati sempre più spesso agli operatori sanitari.
OPERATORI SANITARI E MORAL INJURY
I tempi di crisi dovuti alla pandemia hanno messo alla prova i piani di emergenza e i processi di revisione standardizzati di molte strutture sanitarie. Le politiche spesso ambiziose si sono scontrate con le criticità di una realtà imprevista che ha richiesto aggiustamenti di emergenza e in cui gli operatori sanitari si sono trovati a rivalutare i loro normali standard di cura. Le criticità hanno pesato anche sul processo decisionale etico per la necessità di prendere decisioni cliniche a fronte di risorse ridotte. I vincoli delle circostanze e i protocolli emessi dal sistema possono aver causato un assalto sia all’etica professionale che ai valori personali mettendo alla prova la resilienza dell’operatore sanitario. Quest’ultimo può infatti non essere in grado di fornire il livello di assistenza desiderato o che si aspetta di fornire, e unitamente a ciò non sentirsi supportato nel complesso processo decisionale (BMA, 2021).
Un problema critico è l’intersezione tra cure cliniche incentrate sul paziente e requisiti incentrati sul pubblico che possono essere in contrasto. Ciò può significare che i bisogni del singolo paziente debbano essere sacrificati per il bene pubblico più grande (Berlinger et al., 2020).
Ancora: assistere alla morte di individui giovani e precedentemente sani; impedire ai familiari di stare al fianco di un parente morente o di soggetti con fragilità come gli anziani; dover seguire indicazioni cliniche che l’individuo può ritenere non etiche.
Inoltre le motivazioni e gli atteggiamenti altruistici possono essere messi in ombra nel momento in cui si realizza che comporterebbero un alto costo personale soprattutto in tempi di crisi. (Williams, Brundage, Williams, 2020). Questo può includere per esempio la consapevolezza di essere un portatore involontario di malattia per la propria famiglia. È una sfida emotiva essere costretti a scegliere tra i propri valori, i doveri professionali e la priorità fondamentale di proteggere la nostra famiglia dai danni, tocca il nucleo più profondo del proprio essere e può ripercuotersi sui sistemi familiari e le routine funzionali (Williams, Brundage, Williams, 2020). Alcuni operatori sanitari hanno scelto di vivere separatamente dalle loro famiglie, da soli o con i colleghi, per limitare la potenziale esposizione al virus dei propri cari, mentre altri potrebbero non avere e non avere avuto questa opzione (Williams, Brundage, Williams, 2020).
Gli operatori sanitari, in prima linea e non, in periodo di pandemia, si sono trovati e si trovano ad affrontare scelte contrarie alla propria etica nel dover osservare degli ostacoli alla fornitura di normali standard di cura, come: assistere alla sofferenza dei pazienti derivante da ritardi nelle procedure mediche non essenziali; dover interrompere trattamenti faccia a faccia, in particolar modo la psicoterapia per i pazienti con problemi di salute mentale; dimettere i clienti prima di quanto raccomandato per evitare il rischio di infezione (es. madri con neonati); evitare il contatto umano per limitare il rischio di infezione; indossare i DPI (mascherine) con soggetti che utilizzano segnali facciali per comprendere le comunicazioni (es. persone con disabilità) (Phoenix Australia – Centre for Posttraumatic Mental Health and the Canadian Centre of Excellence – PTSD, 2020).
MORAL INJURY NELLA PRATICA PSICOLOGICA
Cambiamenti e adattamento
Nei contesti clinici, i metodi per trasmettere sicurezza si sono trasformati alla luce della pandemia COVID-19 con l’utilizzo ad esempio di dispositivi di protezione individuali (DPI) .
Cosa comporta però lavorare utilizzando i DPI? Praticare la professione dietro barriere fatte di visiere, maschere e altri dispositivi, necessari per prevenire ulteriori contagi, proteggere i soggetti a rischio o per isolamento dei contagiati, aumenta il senso di distanza tra medico e paziente, nonché tra colleghi. Le visiere e le maschere – banalmente – si rivelano, ad un prolungato utilizzo, calde e scomode, rendendo l’esecuzione della propria professione più frustrante.
La condivisione di queste esperienze comuni associate a tali vincoli può creare un’esperienza condivisa e un panorama emotivo più sicuro.
Altro cambiamento, in periodo di pandemia, in ambito ambulatoriale è l’aumento nell’utilizzo dei servizi di tele-psicologia, in cui si stima che l’80% degli psicologi praticanti abbiano spostato le proprie pratiche online (Sammons et al., 2020). La disponibilità di questo canale tecnologico ha posto nuove richieste di adattamento: dal dover garantire un’adeguata larghezza di banda di connessione e una buona risoluzione del monitor, il posizionamento della fotocamera e del microfono, la posizione di fronte allo schermo piuttosto statica e la ricerca di un punto focale sullo schermo per un contatto visivo “naturale”. Anche questi aspetti della fornitura di telemedicina possono favorire o compromettere un senso di sicurezza e supporto (Glueck, 2013).
Strumenti clinici, protocolli di trattamento e prevenzione
Durante la pandemia, Russ Harris, medico e psicoterapeuta pioniere dell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), ha realizzato una guida illustrata per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La guida “FACE COVID” (Harris, 2020) contiene una serie di passaggi utili a gestire lo stress causato dal protrarsi dello stato di emergenza. E’ uno strumento di auto-aiuto utile per affrontare e gestire gli stati mentali problematici dovuti dalle richieste emergenziali emerse in pandemia COVID-19. Lo stesso acronimo di FACE COVID ci può brevemente dare una prima visione delle fasi esperienziali illustrate da Harris:
F – Focus on what’s in your control (Concentrati su ciò che è sotto il tuo controllo),
A – Acknowledge your thoughts & feelings (Riconosci i tuoi pensieri e sentimenti),
C – Come back into your body (Ritorna nel tuo corpo),
E – Engage in what you’re doing (Partecipa a ciò che stai facendo),
C – Committed Action (Azione impegnata),
O – Opening up (Apertura),
V – Values (Valori),
I – Identify resouces (Identifica risorse),
D – Disinfect & distance (Disinfezione e distanza).
Similmente, il Phoenix Australia – Centre for Posttraumatic Mental Health e il Canadian Centre of Excellence (2020) hanno elaborato alcune linee guida per la gestione dello stress morale per gli operatori sanitari durante il COVID 19. In particolare per le organizzazioni suggeriscono di: promuovere una cultura solidale all’interno del luogo di lavoro e organizzare dei servizi di supporto per il personale; alternare il personale tra ruoli ad alto e basso stress; stabilire politiche basate sulle evidenze scientifiche per guidare le decisioni eticamente difficili; fornire una leadership forte che possa stabilire un gruppo di lavoro coeso; promuovere la discussione sulle sfide morali ed etiche; organizzare un regolare monitoraggio del benessere del personale; facilitare l’accesso ad una consulenza psicologica se necessaria. Altri suggerimenti riguardano gli operatori sanitari a cui viene indicata l’importanza di: accedere a materiale psicoeducativo messo a disposizione sui fattori di stress morale e sul fenomeno del moral injury; partecipare ad attività per la riduzione dello stress quali per esempio le pratiche di mindfulness; creare una rete di supporto con i colleghi, i quali possono comprendere le esperienze condivise; cercare un supporto professionale se emergono vissuti di sofferenza e di angoscia rispetto alle proprie esperienze.
Gli interventi e le linee guida citate hanno l’obiettivo comune di rendere gli operatori sanitari consapevoli del proprio vissuto in un ambiente che possa dar loro comprensione e sostegno, per facilitare lo sviluppo di schemi morali flessibili attraverso cui poter integrare le esperienze potenzialmente stressanti per la propria morale, riducendo il senso di responsabilità e promuovendo la resilienza.
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Elisa Franchi – Psicologa Psicoterapeuta
Bibliografia
Berlinger, N., et al. (2020). Ethical Framework for Health Care Institutions Responding to Novel Coronavirus SARS-CoV-2 (COVID-19). Guidelines for Institutional Ethics Services Responding to COVID-19: Managing Uncertainty, Safeguarding Communities, Guiding Practice. Disponibile in: https://www.capc.org/documents/download/759/thehastingscenter.org/thehastingscenter.org/ethicalframeworkcovid19
British Medical Association (2021). Moral distress and moral injury: recognising and tackling it for UK doctors. BMA House, Tavistock Square, London WC1H 9JP.
Glueck, D. (2013). Establishing therapeutic rapport in telemental health. In K. Myers & C. L. Turvey (Eds.), Telemental health: Clinical, technical, and administrative foundations for evidence-based practice (pp. 29–46).
Hempel, S., Taylor, S. L, Marshall, N. J., Miake-Lye, I. M., Beroes, J. M., Shanman, R., Solloway, M. R., & Shekelle, P. G. (2014). Evidence map of mindfulness. VA-ESP Project #05.
Jameton, A. (1984). Nursing practice : the ethical issues. Englewood Cliffs, N.J.: Prentice-Hall.
Jinkerson, J. D. (2016). Defining and assessing moral injury: A syndrome perspective. Traumatology, 22(2), 122–130.
Litz, B. T., Stein, N., Delaney, E., Lebowitz, L., Nash, W. P., & Silva, C. (2009). Moral injury and moral repair in war veterans: A preliminary model and intervention strategy. Clinical Psychology Review, 29, 695–706.
Phoenix Australia – Centre for Posttraumatic Mental Health and the Canadian Centre of Excellence – PTSD (2020). Moral Stress Amongst Healthcare Workers During COVID-19: A Guide to Moral Injury. ISBN online: 978-0-646-82024-8.
Norcross, J. C., & VandenBos, G. R. (2018). Leaving it at the office: A guide to psychotherapist self-care (2nd ed.). New York: Guilford Press.
Williams, R. D., Brundage, J. A., Williams, E. B. (2020). Journal of Health Service Psychology (2020) 46:65–69 Published online: 2 May 2020, National Register of Health Service Psychologists 2020.
Sammons, M. T., VandenBos, G. R., & Martin, J. (2020). Psychological Practice and the COVID-19 Crisis: A Rapid Response Survey. Journal of Health Service Psychology, 46, yyy–zzz.
Shay, J. (2014). Moral injury. Psychoanalytic Psychology, 31, 182–191.
Wiinikka-Lydon J. (2019). Mapping moral injury: comparing discourses of moral harm. J Med Philos. 44(2): 175–191.
Harris, R. (2010). Face COVID. How to respond effectively to the Corona crisis. Disponibile in:
https://drive.google.com/file/d/1MZJybtT9KmiE9Dw9EKvPJsd9Ow7gXaMe/view
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