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Qualcuno di questi vi suona familiare? Perfezionismo con costante autocritica interiore, eccessiva responsabilità, incapacità o grande difficoltà nell’esprimere la vulnerabilità emotiva, rimproverarsi se non si è grati di ciò che si possiede, essere sempre presenti per gli altri, ma condividere molto poco di chi si è veramente o dei problemi che si possono avere?
Questi sono cinque dei dieci tratti della PHD; essi assicurano che la maschera del perfezionismo che nasconde la vostra depressione rimanga intatta.
Diversi ricercatori affermano che il perfezionismo può essere una caratteristica utile, ma allo stesso tempo può essere collegata all’insoddisfazione di sé e può creare un notevole stress per il corpo. Non finisce qui: si sta anche dimostrando che il perfezionismo può causare danni ancor maggiori.
Come può il perfezionismo essere fatale?
Alcuni studi condotti nell’ultimo decennio hanno evidenziato una forte correlazione tra perfezionismo e suicidio, tra cui la scoperta che il 70% dei 33 ragazzi e giovani uomini che si sono uccisi venivano descritti dai loro genitori come persone che ponevano richieste “eccessivamente elevate” a se stesse. Il New York Times cita Gordon Flett, uno dei principali ricercatori sul perfezionismo e coautore insieme a Paul Hewitt e Samuel Mikail del nuovo libro “Perfezionismo. Un approccio relazionale alla comprensione, alla valutazione e al trattamento”, afferma: “È naturale che le persone vogliano essere perfette in alcune cose, ad esempio nel loro lavoro: essere un buon redattore o un buon chirurgo dipende dal non commettere errori. È quando si generalizza ad altre aree della vita, ad esempio la quotidianità, l’aspetto fisico, gli hobby, che si cominciano a vedere i veri problemi“.
Perché questo fa così paura? Perché se siete perfezionisti, probabilmente siete anche molto bravi a nascondere il dolore.
Quindi cosa vi spingerebbe a voler cambiare? Dopo tutto, chi non vorrebbe una vita perfetta? Chi vorrebbe cambiare una formula che porta al successo professionale? Perché rovinare l’apparente perfezione?
Perché a un certo punto il fine non giustifica più i mezzi. Alla fine, il peso dell’isolamento, la disperazione dei sentimenti nascosti o l’impulso al suicidio per porre fine alla farsa diventano troppo grandi, tanto che si può arrivare a parlare delle proprie difficoltà a un buon amico o a un genitore o addirittura a chiedere aiuto a un terapeuta.
Le cinque fasi della guarigione: le cinque C.
Ci sono cinque fasi fondamentali per il cambiamento. Le ho definite “le cinque C della guarigione“.
Consapevolezza. Innanzitutto bisogna identificare un problema come tale prima di poterlo cambiare. In particolare, dovete riconoscere che per anni avete nascosto la vostra vera esperienza interna di depressione, creando un personaggio che sembrasse positivo agli altri e che credevate servisse a tenervi al sicuro.
Il secondo passo è quello di Impegnarsi in un processo che sarà difficile e comporterà non solo un cambiamento con se stessi, ma anche con gli altri. Il perfezionismo può manifestarsi in modi svariati, attraverso l’impazienza verso se stessi, un’intensa autocritica o il distacco dagli altri.
Quasi contemporaneamente, sta prendendo forma la terza fase, ovvero il Confronto con le convinzioni e le regole irrazionali che possono avervi tenuto al sicuro da bambini, ma che non vi portano più a prosperare da adulti. Potrebbero persino trattenervi e alterare i confini di ciò che credete sia possibile.
Il quarto passo è la Connessione con le emozioni, forse a lungo non riconosciute o accettate. Può essere presente un trauma nella vostra storia, oppure un qualche tipo di apprendimento o esperienza infantile che ha determinato il bisogno di evitare o negare i sentimenti dolorosi. Il vostro obiettivo è quello di svelare le emozioni che sono state eccessivamente compartimentalizzate e messe da parte per molti anni. (Se questa lotta diventa troppo intensa, rivolgersi a un professionista del trauma non è solo consigliato, ma necessario).
Pensate al vecchio gioco del Mikado o a quello più recente di Jenga. La strategia per vincere prevede un’attenta valutazione di quale bastoncino o di quale pezzo di Jenga si può rimuovere senza che l’intera struttura crolli intorno a noi. Se state nascondendo la vostra depressione, state affrontando proprio questa sfida. Decidete da dove iniziare il cambiamento e, lentamente e con compassione verso voi stessi, smontate il personaggio, pezzo dopo pezzo, e sostituitelo (o ricostruitelo) con un io più sano, più aperto e più vulnerabile.
Questi rischi portano alla quinta fase, il Cambiamento. Cambiamento in ciò che fate, in ciò che dite, in ciò che sentite, in ciò che siete: ritrovate la speranza. Vedrete che non siete intrappolati nel vostro passato e che potete guardare avanti verso una maggiore accettazione di voi stessi, riconoscendo il potere della vulnerabilità e dell’apertura emotiva.
Quando il cambiamento sta iniziando, sento parole come queste da parte di coloro che lo stanno vivendo:
“Beh, non è niente di che, ma volevo che sapessi che non ho impedito a me stessa di cambiare argomento, come avrei potuto fare prima. Invece, ho detto a mio marito che mi stavo arrabbiando. Gli ho detto davvero come mi sentivo“. Potete sentire il cambiamento, il confronto con l’abitudine di evitare il conflitto e di rimanere nascosti.
Ecco l’esempio di un’altra persona. “Forse non ha molta importanza, ma la settimana scorsa ho guardato delle vecchie foto. Avevo sei anni. Il primo pensiero che ho avuto è stato su quanti errori avrebbe fatto quel bambino, e di come sarebbe stato meglio se fosse rimasto un bambino. Perché è questa la cosa che mi viene in mente?“. E le sono scese le lacrime dagli occhi. Si può sentire la crescente consapevolezza del perfezionismo altamente critico e si può percepire la tristezza che questo legame porta con sé.
Prendete in considerazione questi passi.
Potrebbero salvare una vita.
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Margaret Rutherford – Psicologa clinica, PhD
Leggi l’articolo originale in inglese (tradotto e pubblicato con il permesso dell’autrice).
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