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Nonostante il modello biopsicosociale sia ormai il framework di riferimento delle scienze mediche da un secolo, non sempre ne comprendiamo appieno le implicazioni.
Molti studi e molte teorie sembrano infatti assumere una prospettiva organicista o comunque non pienamente biopsicosociale.
Un gruppo di ricercatori della University of California ha cercato di applicare rigorosamente tale framework ad un dato assai sconcertante: ovvero la stima per cui circa il 50% delle morti a livello mondiale siano attribuibili a disturbi legati a processi infiammatori.
Gli autori hanno dunque sviluppato una meta-analisi finalizzata ad indagare se e in che termini gli interventi psicosociali possano offrire un intervento efficace nel fronteggiare questo allarmante dato di salute pubblica.
In particolare, sono stati selezioni trial clinici randomizzati (RCT) che avessero indagato l’efficacia di 8 interventi psicosociali (behavior therapy, cognitive therapy, cognitive behavior therapy [CBT], CBT in congiunzione con altri trattamenti, supportive therapy, interventi combinati, altre forme di psicoterapia non CBT, psico-educazione), su 7 marker di risposta immunitaria (in particolare citochine, cellule natural-killer e carica virale).
Si sono presi poi in considerazione alcuni mediatori legati al tipo di intervento o marker e a caratteristiche specifiche della patologia e dei pazienti.
Lo studio pubblicato su Jama Psychiatry ha passato in rassegna 56 studi randomizzati controllati per un totale di oltre 4000 pazienti, evidenziando come gli interventi psicosociali, in particolare la CBT, mostrino un miglioramento in quasi tutte le misure di risposta prese in considerazione.
L’aver ricevuto un intervento psicosociale evidenziava, rispetto alla condizione di controllo, un incremento della risposta immunitaria del 14.7% e un decremento del 18% delle risposte immunitarie disfunzionali. Questi risultati si mantenevano a distanza di sei mesi e non risentivano di variabili quali età, sesso e durata dell’intervento.
Rispetto alle differenze tra i singoli interventi, come anticipato, la CBT mostrava i risultati di gran lunga più significativi.
Sebbene siano stati inclusi studi molto diversi e dunque solo in parte comparabili, le analisi, prendendo in considerazione anche numerosi mediatori, sembrano attendibili.
Importanti implicazioni ne discendono dunque per lo sviluppo di psicoterapie a supporto di persone con patologie autoimmuni o comunque caratterizzate da processi infiammatori.
L’articolo è stato scritto dallo staff della Redazione di PSYsimple
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