
Categorie
- Alimentazione (6)
- CBT (2)
- Diagnosi (2)
- Libri consigliati (31)
- Libri in evidenza (3)
- Metacognizione (1)
- Personalità (13)
- Psichiatria (1)
- Psicofarmaci (1)
- Psicologia (31)
- Psicosi (2)
- Psicoterapia (16)
- Ricerca (11)
- Sport (2)
Recent Posts
La Tricotillomania e il Disturbo da Escoriazione della pelle (o Dermatillomania) sono condizioni psicopatologiche che stanno pian piano acquisendo sempre più rilevanza sia sul piano clinico che su quello della ricerca.
Sebbene non si tratti di condizioni “nuove” (basti pensare che il termine tricotillomania viene citato per la prima volta da Aristotele nel IV secolo A.C. ed è stata descritta e denominata dal dermatologo francese Henri Hallopeau già nel 1889), dobbiamo attendere la pubblicazione dell’ultimo DSM-5 (APA, 2013) perché vengano riconosciute entrambe come diagnosi autonome: infatti fino all’edizione precedente erano classificate tra i Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Altrimenti Specificati, mentre ad oggi si configurano nel capitolo dedicato al “Disturbo Ossessivo e disturbi correlati” come entità nosografiche a sé stanti.
Nello specifico la Tricotillomania è un disturbo caratterizzato dallo strappamento di peli dal cuoio capelluto, dalle sopracciglia, dalle ciglia, dalle regioni pubiche e da altre aree del corpo e si accompagna ad una perdita di peli considerevole (fino ad arrivare ad aree alopeciche).
Lo strappamento dei peli può avere alcuni aspetti ritualizzati; ad esempio si può prestare attenzione alla scelta del capello o pelo da tirare sulla base della sua consistenza, oppure essere accorti nello strappare in una maniera specifica (per esempio facendo in modo che la radice esca intatta) per poi arrivare ad esaminare il capello con le mani o la bocca.
La Dermatillomania (o skin picking disorder) è caratterizzata, invece, da un ricorrente stuzzicamento o pizzicamento della cute, tipicamente a partire da piccole imperfezioni della pelle (brufoli o crosticine per esempio) che si trovano nelle aree più accessibili del corpo (come viso, braccia, mani, gambe, cuticole); le persone che soffrono di questo problema possono arrivare a procurarsi delle lesioni cutanee importanti, come ferite o cicatrici.
In entrambe le condizioni sono presenti ripetuti tentativi di interrompere o diminuire questo comportamento e tali situazioni causano disagio clinicamente significativo.
Le limitazioni sul piano socio lavorativo e relazionale portano ad evitamenti e alterazioni nella quotidianità che, nei casi più gravi, possono arrivare a forme di isolamento e ritiro sociale. Emozioni negative, ansia, noia, stati tensivi possono precedere la messa in atto del comportamento così come è possibile riscontrare stati di gratificazione e sollievo al termine. Vissuti di vergogna e di colpa vengono spesso riportati come aspetti secondari al problema estremamente invalidanti.
Attualmente la prevalenza lifetime di queste patologie risulta essere rispettivamente dell’1.2% per la tricotillomania e dell’1.4% (APA, 2013) per il disturbo da escoriazione, e risultano maggiormente prevalenti nel sesso femminile.
Le due condizioni hanno molti aspetti eziologici e fenomenologici in comune, pertanto è possibile considerarle insieme nel descrivere le caratteristiche e le linee d’intervento che risultano per lo più sovrapponibili.
In letteratura si distinguono due sottotipi sulla base del livello di consapevolezza del comportamento messo in atto: Focused (focalizzato) quando il comportamento viene messo in atto come risposta ad emozioni negative e Automatic (automatico) quando la persona esperisce di non rendersi conto di cominciare a mettere in atto tale comportamento disfunzionale e se ne accorge solo nel mentre o dopo aver terminato. Spesso i pazienti riportano entrambe le condizioni (sottotipo misto).
Tuttavia occorre prendere questi dati con la cautela dovuta a numerosi fattori: la difficoltà diagnostica di queste problematiche (anche da parte del personale medico e dei dermatologi, che spesso si interfacciano per primi con le persone che soffrono di questi disturbi), la scarsità di informazioni e la relativa giovinezza nel campo nosografico e, non ultima, la difficoltà dei pazienti stessi di chiedere aiuto a professionisti della salute mentale.
Sebbene i dati in letteratura non siano moltissimi, tuttavia vengono riconosciuti alcuni trattamenti cognitivo comportamentali che risultano efficaci nel trattamento di queste problematiche.
Occorre specificare che per procedere ad un intervento che possa risultare adeguato, è fondamentale dare particolare rilevo alla fase di valutazione (Assessment). In particolare analizzare tutte le situazioni che concorrono, favoriscono o ostacolano la messa in atto dei comportamenti.
Conoscere il sottotipo (in altre parole il livello di consapevolezza), le circostanze che predispongono la messa in atto del comportamento (luoghi dove il comportamento si manifesta con più frequenza, essere soli o meno, vedere oggetti come forbici o pinzette, essere assorti davanti alla tv, o al telefono…), le emozioni che precedono (ansia, tensione, noia, stress) sono la base dalla quale partire per poi poter implementare il piano di intervento.
Occorre tenere a mente anche l’eventuale presenza di disturbi in comorbidità che spesso possono essere presenti.
Di seguito vengono segnalate alcune tra le terapie che sono state studiate dalla letteratura nel trattamento di questi disturbi.
Le terapie più utilizzate e studiate dalla ricerca sono l’Habit Reversal Training (HRT) (che può prevedere aggiunte di elementi provenienti dall‘Acceptance and Commitment Therapy, ACT), il Decoupling, e interventi di Dialectical Behaviour Therapy (DBT)
L’HRT (Azrin & Nunn 1973) è senz’altro la più datata ma anche la più studiata e utilizzata tecnica evidence based per modificare abitudini indesiderate come i tic, o nel caso della Sindrome di Tourette.
Nello specifico prevede di addestrare il paziente a sviluppare una risposta incompatibile con il comportamento disfunzionale oggetto di intervento. In prima battuta il lavoro prevede un attento monitoraggio delle situazioni scatenanti e antecedenti l’abitudine, per poi trovare e mettere in atto una risposta competitiva a quella patologica che non comporti danni o risulti disfunzionale per la persona.
Possono essere aggiunte procedure di “controllo dello stimolo” che risultano anch’esse efficaci nella riduzione/eliminazione dello strappamento di capelli o stuzzicamento della pelle, o quantomeno nel renderne difficile l’esecuzione. Si tratta, in questo caso, di ridurre tutti quegli stimoli che possono innescare o precipitare il comportamento; si possono prevedere, ad esempio, cambiamenti nell’ambiente (per può essere utile oscurare specchi, rendere più bui gli ambienti quando questi funzionano da situazioni attivanti) oppure nei casi di comportamenti automatici si può arrivare a indossare guanti o cappelli o ricorrere all’utilizzo di cerotti sulle dita.
La più recente tecnica di Decopling (Moritz e Rufer, 2011) prevede, invece, di imitare i movimenti centrali dell’abitudine per deviarli alla fine in un’azione non dannosa. L’inizio della sequenza del comportamento è lo stesso di quello disfunzionale, ma poi viene “disaccoppiato” terminando l’azione in modo non autodistruttivo (per esempio le dita si muovono in direzione dei capelli ma vanno poi ad appoggiarsi nel collo). Questi movimenti dovrebbero essere eseguiti con una certa tensione e velocità proprio come se fossero “l’impulso finale” in modo da bloccare il vecchio comportamento e favorire l’acquisizione del nuovo.
Accanto a queste forme di terapie di stampo cognitivo-comportamentale sono stati poi suggeriti alcune integrazioni con le terapie di, cosiddetta, “terza generazione” quali ACT e DBT.
Entrambe, infatti, possono favorire l’aumento della consapevolezza e l’intervento sulla gestione delle emozioni e cognizioni negative che precedono e seguono la messa in atto del comportamento.
L’ ACT enhanced cbt for Trichotillomania (Woods & Twohig, 2008) prevede un’integrazione tra la HRT con l’aggiunta di training di Mindfulness e di Accettazione mirati ad aumentare la disponibilità alle emozioni negative e a favorire la possibilità di gestire le esperienze interne spiacevoli in modo più funzionale e volontario.
La terapia “DBT enhanched CBT” (Keuten, et all., 2011) introduce alcuni elementi della DBT nell’intervento classico. L’intervento si articola in 11 sedute settimanali e 4 di mantenimento nei 3 mesi successivi. La prima fase, in comune con tutti gli altri, prevede elementi di psicoeducazione per poi approfondire le analisi dei concatenamenti stimolo-risposta attraverso diari di automonitoraggio. Accanto alle procedure di HRT e al controllo dello stimolo si aggiungono poi training di Mindfulness, Training di Regolazione Emotiva e di Tolleranza allo Stress tipici, appunto, dei protocolli dialettico comportamentali.
La prevenzione delle ricadute è fondamentale in tutte le terapie finora esposte come intervento finale.
Ancor più recentemente, Déttore e Pozza (2019) hanno proposto un Intervento Cognitivo Comportamentale Transdiagnostico per il Disturbo da Escoriazione e la Tricottilomania che integra numerosi aspetti di comprovata efficacia tra la CBT più classica e quelle di terza generazione.
L’idea di un protocollo transdiagnostico trae origine dall’osservazione clinica e dai dati di ricerca che indicano un’elevata comorbidità tra tricotillomania e skin picking disorder, dal fatto che i disturbi condividono i medesimi meccanismi funzionali e si caratterizzano per una simile fenomenologia, oltre ad essere accumunati da numerosi fattori di vulnerabilità e mantenimento cognitivi, metacognitivi e comportamentali.
Dopo la fase di Assessment il protocollo prevede 25 sedute di un’ora e mezzo a cadenza settimanale.
Una corretta concettualizzazione del caso permette un intervento mirato e personalizzato. In questa sede si condividono i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento nonché il razionale della terapia, e si rendono espliciti e condivisi gli obiettivi.
Trattandosi di un trattamento impegnativo per il paziente, una certa enfasi viene posta sulla motivazione. Il lavoro su quest’ultima si fonda sulle tecniche ACT.
Le attività di automonitoraggio sono un passaggio essenziale; si rilevano in questa fase gli antecedenti cognitivi, emotivi e fisiologici, l’intensità del disagio esperito, le conseguenze (sempre sul piano cognitivo-emotivo e comportamentale), nonché il grado di consapevolezza e di resistenza della persona nei confronti del comportamento disfunzionale.
La parte centrale del trattamento verte, poi, sull’implementazione di azioni competitive, di strategie volte al controllo dello stimolo accompagnate anche da tecniche di rilassamento (respirazione diaframmatica e training autogeno).
Tecniche di Act, Mindfulness e Self-Compassion vengono utilizzate per ridurre l’autocritica, assieme a interventi di stampo più prettamente cognitivo come la ristrutturazione cognitiva che lavora sia sulle credenze che sulle meta-credenze patogene coinvolte nel processo.
Questo protocollo prevede anche la possibilità di aggiungere, laddove presenti, interventi sull’ansia sociale e sulla vergogna, sulla sensibilità all’ansia, sugli eventuali aspetti dissociativi (piuttosto frequenti) e sui sintomi di dismorfismo corporeo che possono presentarsi in comorbidità.
Il trattamento si conclude con sessioni di follow-up a un mese e a tre mesi, e con la prevenzione delle ricadute basata sul modello di Marlatt (1985).
Incoraggianti sono i dati che emergono dalla ricerca, così come incoraggiante è il crescente interesse nei confronti di queste condizioni. Si tratta di quadri clinici che necessitano di essere approfonditi e studiati in modo che i professionisti della salute mentale e i medici siano sempre più coinvolti e preparati nell’aiutare i pazienti, sia nel processo di riconoscimento e diagnosi, sia in quello di cura.
L’articolo è stato scritto dalla dott.ssa Elena Mannelli – Psicologa Psicoterapeuta
Bibliografia
American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: Author.
Azrin, N.H., & Nuun, R.G. (1979) Habit-reversal: a method of eliminating nervous habits and tics. Behav Res Ther 1973 Nov;11(4):619-28. doi: 10.1016/0005-7967(73)90119-8.
Dettore, D., Pozza, A., Gianquinta, N. 2019. I Disturbi da Comportamento focalizzati sul corpo. Giunti
Hayes, S. C. (2004). Acceptance and commitment therapy, relational frame theory, and the third wave of behavioral and cognitive therapies. Behavior therapy, 35(4), 639-665.
Keuthen N.J., Rothbaum B.O., & Falkenstein M.J. (2011). DBT-enhanced habit reversal treatment for trichotillomania: 3-and 6-month follow-up results. Depress Anxiety 28:310-313.
Marlatt GA, Gordon JR. Relapse prevention: Maintenance strategies in the treatment of addictive behaviors. New York: Guilford Press; 1985
Moritz, S & Rufer, M. (2011). Movement decoupling: A self-help intervention for the treatment of trichotillomania. Journal of Behavior Therapy and Experimental Psychiatry 42(1):74-80
O’Connor. K, Lavoie, M.E., Desaulniers, B., Audet, JS. (2017) Cognitive psychophysiological treatment of bodily‐focused repetitive behaviors in adults: An open trial. Journal Of Clinical Psychology, 74(6)
Woods, D. W., & Twohig, M. P. (2008). Trichotillomania: An ACT-enhanced Behavior Therapy Approach Workbook. Oxford University Press.
© Copyright 2023 PSYsimple - Tutti i diritti riservati - Tages s.r.l. Via Della Torretta, 14 -
50137 Firenze (FI)
Partita IVA: 06997220485
Cod. fiscale: 06997220485 Provider ECM n°6839
Website created by Giulia Bartolini